L’informazione web e cartacea ha insistito negli ultimi anni su un argomento molto spinoso, ovvero l’effetto malsano dell’olio di palma sull’ecosistema mondiale. L’olio di palma non è un prodotto sano e questo dato è risaputo e avallato dalla comunità scientifica, ma il prodotto merita di essere conosciuto meglio per non demonizzare ogni sua forma.
Iniziamo dalle origini, ovvero chiedendoci perché l’olio di palma viene ampiamente utilizzato dall’industria alimentare nel nostro presente. Un tempo venivano impiegati il burro e la margarina, alimenti che se cotti non si presentano per niente salutari. L’Organizzazione Mondiale della Salute ha quindi inasprito le normative relative ai grassi idrogenati e le aziende si sono trovate a dover lavorare senza una materia prima fondamentale. Da qui la scelta di usare l’olio di palma, un olio molto speciale perché presenta una composizione di grassi molto simile al burro, è solido, è insapore, non irrancidisce durante la cottura e quindi può essere impiegato a basso costo dalle industrie alimentari che preparano cibi confezionati.
Secondo gli esperti, l’olio di palma fa esattamente male come il burro e lo strutto quando viene cotto, quindi la distinzione per quanto riguarda la salute deve essere totale e non interessare solo questo ingrediente. Di base la sua assunzione diventa malsana quando è troppo abbondante, quindi gli esperti consigliano di limitarsi al 10% massimo delle calorie giornaliere richieste. La questione è molto spinosa e le ricerche mediche sul campo stanno diventando sempre più numerose. I tanti studi che parlano male di questo olio si affiancano però alle ricerche che invece lo rivalutano e che ne analizzano i benefici dal punto di vista della protezione del cuore.
L’olio di palma va quindi studiato in modo approfondito e considerato come un grasso idrogenato la cui diffusione è massiva, perché circa il 97% dei prodotti presenti in commercio lo contiene. Difendersi rappresenta una scelta etica, ma al contempo è necessario fare attenzione anche agli altri oli e burri, i quali potrebbero essere meno ‘attaccabili’ dalla stampa e dall’informazione web, ma fare altrettanto male per la salute se consumati in dosi massive.